LA BEATA INDEMONIATA

Questa storia, tanto per cambiare, ha dell'incredibile e vi farà riflettere su quanto il Santo riesca a offuscare i suoi colleghi.

Beata Eustochio, al secolo Lucrezia Bellini, questo nome se l'è davvero scelto. Nata a Padova nel 1444, partì subito col piede sbagliato: figlia illegittima di una monaca del monastero benedettino di San Prosdocimo e di Bartolomeo Bellini, uomo sposato che viveva in zona. Questo monastero, l'avrèìe capito, non era come tutti gli altri, per via della badessa molto libertina che lo dirigeva e che forse aveva sbagliato lavoro. Quando la madre di Lucrezia scoprì di essere incinta si finse malata e si allontanò per evitare lo scandalo. La bambina, una volta compiuti quattro anni, fu affidata a una balia fino a quando il padre non la prese con sé. La moglie di quest'ultimo però ebbe qualche difficoltà ad accoglierla, e questo lo deduciamo dal fatto che finì per maltrattarla e bastonarla in pubblico. Così Lucrezia fu restituita al monastero della madre, dove presto la vecchia badessa morì. Il vescovo Giacomo Zeno approfittò del momento per intervenire sulla cattiva condotta delle monache, vietando l'ingresso notturno agli uomini. Apriti cielo! Alle suore le nuove regole dovettero sembrare irragionevolmente severe, tanto che decisero di andarsene. Tutte tranne Lucrezia, che non andava molto d'accordo con le sorelle, e che quindi, tutto sommato, sarà anche stata felice di avere il monastero per sé.

Se l'inizio non è quello di una fiaba, aspettate di sentire il resto. Già da quando aveva quattro anni, si era iniziato a notare che la bambina non era come tutti gli altri suoi coetanei. .. ebbene, sembrava indemoniata. «Sarà una fase», qualcuno dovrà aver detto. Con il trascorrere del tempo, però, le cose migliorarono e in convento Lucrezia iniziò tutto sommato a trovarsi bene e a calarsi pian piano nella parte, tanto da pregare, digiunare e portare il cilicio: insomma, quella che si direbbe un'autentica vocazione.

Le nuove sorelle quando arrivarono la credettero corrotta come tutte le altre, ma la sua fede venne riconosciuta dal vescovo, che le diede i voti a diciott'anni. Fu allora che Lucrezia scelse il nome di Eustochio, come la figlia spirituale preferita di san Girolamo, suo protettore. Durante la funzione accadde un fatto apparentemente senza importanza, ma carico di significato agli occhi degli uomini -o forse più delle donne -di un tempo: durante la comunione la particola cadde a terra, lasciando intendere che la ragazza non era poi così gradita al Dio a cui si stava consacrando. Nemmeno i voti la liberarono dalle possessioni del demonio, tanto che in un particolare episodio non bastarono neanche gli esorcismi a calmarla e dovettero legarla a una colonna per molti giorni. Una volta liberata, la badessa morì in circostanze misteriose e gli occhi di tutte le monache furono subito su Eustochio, che aveva tutte le carte in regola per essere considerata una strega. Così Eustochio si ritrovò rinchiusa nella prigione del monastero, dove era tenuta a pane e acqua e ogni tre giorni veniva lasciata a digiuno, mentre fuori si discuteva se bruciarla viva o meno. Si dice che in prigione il demonio le apparisse sotto fonna di vespa divoratrice, e che talvolta le stringesse il collo come per strangolarla. Se alle sue grida qualcuno accorreva, la trovava in fin di vita, giacente in un angolo della prigione. Girolamo Salicario, confessore del monastero, che conosceva bene la suora, riuscì a far ragionar:e il popolo e a scarcerarla, ma le monache si convinsero che Eustochio avesse fatto una fattura al povero confessore. Ah, le donne.

Il Gilberti, che scrisse la biografia della beata intitolandola L'invitta guerriera trionfante di Satanasso, stampata a Venezia nel 1672, dice che Francesco de Lazza, fratello della badessa e dottore, cercò di persuadere Eustochio a lasciare il monastero per prendere marito e porre fine alle malelingue, oppure a cambiar convento, ma senza sortire alcun effetto.

Alla fine Eustochio morì, sfinita, a soli venticinque anni, e chi era 1?resente giura di aver sentito il demonio andarsene in lacrime. Ma non cantate vittoria, ché la poveretta non ebbe pace nemmeno da morta: la destinazione delle sue spoglie fu cambiata per ben quattro volte. Inizialmente venne seppellita in terra, senza una bara, in un sacco di cotone. Il suo corpo, riesumato quattro anni dopo, apparve incontaminato: il miracolo le diede il diritto di essere sepolta in una cripta del monastero. Ma subito la buca della sua fossa si riempì di ,acqua miracolosa, in grado di guarire ogni tipo di malattia. Neanche questo miracolo fu sufficiente a fennare i picconi che abbatterono il monastero. Così, valigie alla mano, nel 1633 il corpo di Eustochio venne esposto ancora incorrotto in una bara di cristallo nella chiesa del monastero. Indovinate un po' cosa successe a questo punto? Il monastero di San Prosdocimo venne soppresso nel 1806 a causa del decreto napoleonico. Senza
nemmeno le valigie, questa volta, la salma della beata venne traslata di notte, alla chetichella, nella chiesa di San Pietro. Una chiesa, questa, molto particolare. A parte il fatto che essendo citata in un documento dell '866 è riconosciuta come una delle chiese più antiche della città, a renderla ancora più speciale è la parte alla destra dell'altare: si tratta di una delle quindici riproduzioni della Casa di Loreto in Italia, costruita nel 1725 per venerare la Madonna nera. Una chiesa in una chiesa, una specie di matriosca! La beata Eustochio, che da allora da qui non si è più spostata, ma . che forse proprio in virtù di questi precedenti è considerata la patrona dei viaggiatori in aereo, richiama a San Pietro numerosi esperti di esorcismo, che si danno qui annualmente appuntamento.
Resta una cosa da chiarire. Quando Eustochio è diventata ufficialmente beata? Il merito è di papa Clemente XIII, che prima dell'elezione era vescovo di Padova. Nel 1760, grazie a lui fu"'riconosciuto il suo culto. La beata padovana fu l'unica nella storia della Chiesa ad aver convissuto tutta la vita con il demonio in corpo. E adesso tutti a dormire sonni tranquilli.


   

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tratto da "Misteri e storie insolite di Padova" -Newton Comption editori